domenica, febbraio 03, 2013

Semo venuti già menati

E' la partita della svolta, dicono.

Oggi si decideranno le umane sorti. O perlomeno le nostre. Che per noi è un po' la stessa cosa.

Si scende in campo di venerdì e la mia opinione sul tema già l'ho detta.

Si scende in campo contro il Cagliari delle ferite che ancora bruciano.

Si scende in campo con la rassegnazione di fine gennaio, che è una sorta di imprinting che ci portiamo avanti dalla notte dei tempi.

Ma...si scende in campo?

Fatti una domanda e datti una risposta, dico di solito, in questo caso sarebbe meglio la beata ignoranza.

Perchè è chiaro sin da subito che c'è qualcosa che manca: una delle due squadre in campo, sfortunatamente quella con i colori con cui ti hanno tatuato sul cuore.

E non si fa in tempo a bere il borghetti, non si fa in tempo a cantare l'inno, non si fa in tempo a tirare i coriandoli fatti con tanto amore nel pre-partita (ed anche come metodo antistress a volerla dire tutta), non si fa in tempo a perdere il primo pallone sul calcio di inizio (che, voglio dire, bisogna essere bravi), che in nemmeno 3 minuti già capiamo che Zeman conviene cominciare a salutarlo. Gol di Nainngolan a difesa perfettamente schierata ed assolutamente immobile.

Cominciamo malino.

E continuiamo malino. 

Più di 30 minuti di vuoto cosmico e pneumatico. Non una ripartenza, non un'azione, non una verticalizzazione. Il nulla. Il nulla tranne lui. Totti. Che al 35mo tira una punizione che ha due sole alternative: entrare in porta o uccidere chiunque si pari sulla sua traiettoria. Per fortuna entra. Non che ci saremmo offesi nell'altro caso ma, vista la situazione, meglio così.

E si passano gli ultimi minuti a pensare che, va be', 1 a 1 palla al centro e facciamo che non è successo niente.

Nel dubbio la seconda dose di borghetti nell'intervallo me la sparo, non si sa mai. Il circondario invece gioca a Ruzzle e, siccome non si può mettere in pausa, succede che il turno finale scavalli di poco il fischio di inizio del secondo tempo e che io mi ritrovi da sola a dover spiegare ai miei vicini cosa è successo in quei pochi secondi di loro assenza dalla realtà.

"Oh, ci hanno segnato", dico. Alzano gli occhi: "E come?". Ma io non so spiegarlo. So solo di aver visto un innocente cross diretto verso il fallo laterale rimbalzare sulle mani di Goicoechea e insaccarsi nella rete.

Da casa mi dicono sia stato molto peggio ma, ancora nel momento in cui scrivo, non ho avuto il coraggio di rivederlo.

Il primo autogol del portiere a memoria d'uomo (e di fantacalcio).

Un gol del genere taglierebbe le gambe a chiunque. Figurati a noi che in questo momento di gambe non ne abbiamo.

E quindi succede che una manica di pippe al sugo (termine tecnico universalmente riconosciuto per definire una squadra con un livello tecnico più che mediocre) diventi improvvisamente il Barcellona.

E tu non puoi che restare a guardare. Alcuni ridono istericamente. Altri scuotono la testa. Altri hanno lo sguardo vuoto come dopo dieci pasticche di ecstasi. Altri ancora cominciano ad insultare i progenitori dei progenitori dei progenitori di chiunque sia ritenuto responsabile di questa disfatta.

Mentre sul campo subiamo due pali pieni e altri due gol. Ne segniamo anche uno, nei 5 minuti di recupero più inutili da quando è stato inventato il tempo di recupero, ma ormai stiamo tutti scendendo gli scalini verso un week end che si preannuncia pessimo e nella nostra testa potrebbe anche non essere accaduto.

Come in una moderna Pasquinata, posso dire che "Semo venuti già menati". 
Lo sapevamo tutti ma non volevamo ammetterlo. Abbiamo corso dall'ufficio, abbiamo rimandato impegni, abbiamo creduto che...be', abbiamo creduto male.

E allora ciao Boemo, è stato bello finche è durato ma purtroppo ti dice sfiga, in Italia l'unico mestiere che paga per gli errori commessi è quello dell'allenatore di pallone. Se facevi il direttore di qualche ufficio statale saresti rimasto ma che vuoi farci, così è la vita.

Lasciamoci ora che ancora ci vogliamo un po' bene, perchè lo sappiamo che non è tutta colpa tua. Ma se fossimo andati avanti ci saremmo odiati e tirati i piatti e forse è meglio così.

E mentre mangio un panino a piazza Risorgimento, a poco più di un mese dall'ultima volta dopo Roma-Milan, ripenso a come stavamo e a Osvaldo che ci fomenta dal pullman della Roma che passava.

E mentre ripenso a tutto questo, passa un camion, giallo-rosso, con la scritta AMA.

Chiari ed evidenti segnali dell'universo, non c'è che dire.






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