martedì, settembre 27, 2016

Al mio Capitano

Caro Francesco,

mi perdonerai se ti do del tu ma dopo tanti anni sei praticamente uno di casa.

Innanzitutto, Auguri. 
40 anni sono un bel traguardo e tu non mi conosci e non sai quanto speravo che questo giorno arrivasse il più lontano possibile.

Tu non mi conosci e non puoi sapere che c'ero il giorno in cui hai esordito all'Olimpico, il giorno in cui hai segnato il tuo primo gol, il giorno in cui hai avuto la fascia da Capitano, il giorno in cui ti sei tirato su quella maglia con Montella e Batistuta accanto e tanti altri giorni che tu ed io sicuramente ricordiamo vividi come se fosse ieri, compreso ieri.

Tu non mi conosci e non sai delle mie serate "Io e Totti" con i dvd dei tuoi gol, dei libri fotografici su di te comprati negli anni, dello speciale del Corriere comprato anche oggi.

Tu non mi conosci e non sai quante cose sono cambiate nella mia vita in questi anni mentre tu rimanevi l'unica costante.

Tu non mi conosci e non sai le lacrime, le urla, i cori, i mezzi infarti che in tutti questi anni mi hai provocato. E non sai nemmeno della foto con te fatta a Trigoria nel lontano '99 che ancora tengo in camera. Tante cose non sai di me rispetto a quante io ne so di te e di te e me, come se esistesse un noi, ed è normale che sia così. Tu la bandiera, io semplice tifosa anonima tra bandiere di stoffa e sciarpe di lana.

Ma una cosa vorrei che sapessi anche se non mi conosci. Che in tutti questi anni in cui speravo che il tempo si fermasse e tu rimanessi sempre il 10 di questa squadra, avevo un sogno, anzi due.

Il primo che in un Roma-Udinese o qualsivoglia altra partita non di cartello, una di quelle alle 15.00 con il sole, quando lo stadio è pieno di famiglie con bambini oltre a noi soliti e sempiterni innamorati, tu avessi preso la tua fascia e l'avessi data ad un altro, quello più degno a tuo avviso, come fece Pluto con te e che in qualche modo ci dicessi "A posto, lo so che mi amerete sempre ma siete pronti ad amare qualcun altro", un passaggio di consegne di responsabilità e di amore, senza farci sentire in colpa e farci credere di lasciarti andare. Tu ci avresti indicato la strada e noi l'avremmo seguita, sapendo che a te stava bene.

Il secondo era che tu, probabilmente intorno a questa data, non so perchè i 40 mi sembravano il minimo sindacale fino a dove "averti", dopo aver realizzato il sogno numero uno ci avessi detto "Ragazzi miei (perchè se anche non ci conosci siamo tutti un po' figli della Roma di Totti), per me è ora di dirvi addio", convocando una di quelle partite di saluto con le vecchie e nuove glorie che ti hanno accompagnato, con i campioni che ti hanno osannato e quelli che hanno avuto come solo obiettivo essere almeno un decimo di te. Quelle partite da 80.000 persone, da mettere le tende davanti al Roma store all'inizio della vendita (e sì, nel sogno avrei avuto anche il biglietto in prelazione), una partita alla Bruno Conti per darti un'idea. In quella, anagraficamente, non potevo considerarlo "mio" ma sapevo che era di tutti anche solo avendolo vissuto per poco. Alla tua invece già mi immaginavo piena di aneddoti da raccontare a bambini che nel 2001 ancora non erano nati. Tu non lo sai le lacrime che avremmo pianto e sì ti avremmo chiesto di non andare e lì tu avresti detto che non andavi da nessuna parte ma che da dietro a una scrivania o in giro per il mondo avresti continuato a lavorare per il bene della Squadra. E forse un giorno (e tecnicamente questo sarebbe il sogno numero 3) ti saresti seduto su quella panchina a dirigere le operazioni.

Ecco, quando pensavo al momento di dirti addio questo sognavo, un finale diverso che non includeva  interviste al TG1 o mogli che lanciano frecciate alla Gazzetta, mai avrei pensato che potesse esserci uno schieramento per te o contro di te,  per la Roma o contro la Roma. Perchè per me tu sei la Roma. Pensavo a una festa, a un addio gioioso e pieno di malinconia, come quelle belle storie d'amore che finiscono per cause contingenti ma non perchè il sentimento sia finito. E non perchè tu fossi finito, perchè non finirai mai, ma perchè il ruolo del Capitano, così come lo vedevo io, era quello di traghettarci in quel "dopo di te" che volenti o nolenti avremmo dovuto affrontare e da soli non ne siamo capaci. Non chiederci se vogliamo più bene a mamma o papà perchè in questa storia abbiamo la cognizione di causa di un cinquenne ed entriamo in confusione e non ci capiamo più niente.

Ecco, tu non mi conosci e dei miei sogni sei anche tenuto a non curartene.
Però, te lo volevo dire, io sogno ancora di vederli realizzati.

Con l'amore di sempre,

Buon Compleanno 

Valentina




mercoledì, gennaio 13, 2016

Il giorno della marmotta


Ricominciamo.
Da capo.
Di nuovo.
Con quella sensazione di averla già vissuta questa giornata.
Di averlo già visto questo film.
Troppe volte.
Cambiano gli allenatori, cambiano i giocatori, cambiano gli schemi ma il risultato è sempre lo stesso.
Anche rileggendo questo blog che se dovemo di' che già non è stato detto?
La Gaussiana si ripete sempre.
Il teorema del limite centrale.
Gli alti e i bassi.
I copia e incolla.
E pure stasera.....
Il profondo giallorosso.
Tutto si ripete uguale.

Riporto di seguito alcuni stralci di vecchi articoli trovati nel Web che si potrebbero tranquillamente riscrivere oggi, con opportuni cambi di nomi (e non di tutti).

Settembre 2009
"Avrà chiaro Ranieri, ma ci arriveremo diffusamente più avanti, che dalla Roma, da questa Roma appena reduce da un mercato fallimentare, sul piano degli investimenti non potrà aspettarsi molto. Avrà però a disposizione una squadra che, al di là della fragilità societaria, resta ancora la componente più ricca e più affidabile. Da Mexes a Juan, da De Rossi a Pizarro, da Totti a Vucinic e Baptista, ci sono ancora giocatori di primissimo piano: bisognerà lavorare sul gioco, sull’essere squadra, sull’entusiasmo, sullo spirito di corpo.
[....]
Spalletti, come detto, ha sbagliato e ha sbagliato molto. Prigioniero spesso del suo modulo, in­capace di assorbire le pressioni, responsabile oggettivo di un’infinità di infortuni; a volte incom­prensibile nel suo vocabolario troppo ricercato e nei reali rapporti con alcuni giocatori. L’anno scorso, si diceva, con De Rossi. Stavolta, si sussurra, con Totti. Però a Spalletti bisogna riconoscere a gran voce di aver valorizzato e rivitalizzato nei suoi primi anni un’infinità di giocatori, di aver mostrato in alcuni frangenti il più bel calcio del campionato, di aver fatto lui la società, di aver guidato la squadra italiana che un anno e mezzo fa è andata più avanti in Champions, di aver sfiorato lo scudetto." 
Tuttosport

Dicembre 2011
"la squadra non c’è più, il gioco latita, la manovra è inesistente, allo stadio ci si annoia e si soffre, la rosa di Trigoria fa invidia a tutti, ma non si riesce a trovare il bandolo della matassa. Da chi dipende? Risposta del coro: è chiaro, dal mister. Ma tutte le colpe sono di Ranieri? In gran parte condivido, anche se qualche campione (definiamolo così) sta rendendo al dieci per cento. Comunque sia, la crisi è profonda ed è bene che il chirurgo intervenga drasticamente prima che la situazione diventi irreversibile." 
La signora in giallorosso

Maggio 2012
"Luis Luis, perchè sei tu Luis? Perchè sei dovuto esse così tanto Luis da nun cambià mai manco mezza idea? O perchè lo sei dovuto esse così poco da cambialla tutta insieme ala fine e da lasciacce così, co nsogno morto nela culla? Noi più che fasse domande nun potemo fa, le risposte le sai te, te che non c’hai mai voluto svelà davero l’arcano de giornate che parevano stravagantemente improntate all’autolesionismo de principio.
[....]
Noi, mo, più che artro c'avemo già voja de ricomincià, de tifà pe chi ariverà ar posto tuo, de vedè chi ariverà, che vorà fa e come lo vorà fa, e, anche solo pe statistica, probabirmente o farà mejo de te.
Da come lo farà forse capiremo se hai voluto fa troppo o troppo poco."
Kansas City

Febbraio 2013
Rilanciato dalla cavalcata sulla panchina del Pescara, trascinato in Serie A a suon di gol, Zeman sembrava l’uomo giusto per ridare entusiasmo a una piazza incapace negli ultimi anni di lottare per grandi traguardi. Il mercato gli aveva regalato giocatori di talento (Destro, Marquinhos, Balzaretti) e qualche onesto gregario (Bradley, Castan, Tachtsidis), ma soprattutto la conferma delle stelle della squadra, su tutte “capitan futuro” Daniele De Rossi.
In termini di spettacolo la squadra non ha tradito le attese: la Roma ha il miglior attacco della Serie A e il tecnico boemo ha valorizzato elementi di qualità come Florenzi, Osvaldo e Lamela, mai così decisivi in passato. La tenuta difensiva della squadra, però, da parecchie settimane faceva acqua: le squadre avversarie, non ultimo il Cagliari, avevano vita facile nella metà campo giallorossa, dove spesso si aprivano praterie tra centrocampo e difesa e tra quest’ultima e il portiere. L’ultima nota dolente riguarda proprio la gestione dei numeri uno: giubilato in fretta e furia il portiere della nazionale olandese, Stekelenburg, Zeman aveva preteso l’ingaggio di un portiere “moderno” come l’uruguaiano Mauro Goicoechea. Ironia della sorte, proprio lui è stato protagonista della “papera” decisiva contro il Cagliari: quando la palla è sfuggita delle sue mani sull’innocuo cross di Avelar ed è rotolata in porta nello stupore generale, il destino di Zeman è apparso segnato. O, forse, lo era già."
Il Fatto Quotidiano

Ctrl-c/Ctrl-v.

Tutti prigionieri del proprio modulo. Tutti responsabili degli infortuni. Tutti responsabili di squadre che segnano ma che improvvisamente prendono troppi gol. Tutti responsabili di scelte sbagliate dopo averli portati in trionfo per una decina di partite.  
E allora tocca fare un'analisi il più oggettiva possibile per capire chi è l'assassino perchè è vero che errare è umano ma perseverare è decisamente romanista. 

Partiamo dalle basi.
La Roma a Roma è da sempre vissuta da tutti come una fede, una ragione di vita, a volte quasi l'unica. 
E ve lo dice una a cui il risultato del week end determina l'umore di tutta la settimana entrante per cui parlo con una certa cognizione di causa.

E viviamo nell'illusione che gli undici in campo amino quella maglia come la amiamo noi. Ma attenzione, non è vero. Sbagliato. Non amano la maglia. Ripeto: non amano la maglia.
Sono undici (+ panca) ragazzini dai 18 ai 30 anni con la terza media che improvvisamente si ritrovano milionari nella città tentacolare per eccellenza dove girano alcol, donne, droga e trippa e dove, se hai i milioni, puoi divertirti un sacco. 
In una città in cui la gente ti venera manco fossi l'icona di San Gennaro che piange sangue. Una città in cui chi ti tocca è morto. 
Se poi sei romano e romanista non avrai mai nessuna colpa. 

E arrivi in una società non società, dove non ci sono regole, dove sei libero di andarti ad ubriacare il giovedì sera al Room 26 perchè nessuno ti dirà niente, tifosi compresi, perchè "ma dai che fico, mi sono fatta un selfie con tizio o caio e lo porterò nel cuore per la vita". 
E se qualcuno prova a parlare entrano in modalità Marchese del Grillo.
Dipendenti di una (non) società che se parli di ritiro o doppia seduta di allenamento  raccolgono le firme - le firme - per annullarla (chissà se il buon Luciano se lo ricordava mentre firmava altro).
E qualora serva, i tifosi mettono le tende per contestare l'accanimento verso ste pore stelle che sono pagate, indovina indovinello, per allenarsi al fine di garantire che a me la domenica non venga la gastrite.

E invece no, noi siamo quelli che quando De Rossi è stato lasciato fuori per 5 minuti di ritardo c'è pure dispiaciuto, pora stella di nuovo. Gli stessi che magari nella vita sanno cosa voglia dire non timbrare un cartellino in tempo. Ma no, porello. 
Cattivo Luis Enrique ma non lo sai che il raccordo è sempre bloccato? Che animo insensibile.
E non è un caso che Luis stia vincendo tutto a Barcellona, anche lasciando fuori Messi per 5 minuti di ritardo, pensa un po'.
Altro problema: qui le radio parlano 24 ore di Roma e per parlare 24 ore di una cosa, un sacco di avvenimenti te li devi inventare, polemiche, gossip, la temperatura della doccia troppo calda e l'erba di Trigoria di 3 mm più alta, chi ha rubato il tramezzino di chi, la crisi nello spogliatoio., amanti, divorzi, tutto fa notizia. La gente quando venera qualcuno vuole sapere anche a che ora è andato in bagno. Ecco, le radio romane sono la versione di Novella 2000 del pallone.  
E danno voce a chiunque e chiunque diventa opinionista, basta che abbia all'attivo 3 giorni in curva o 3 minuti con la maglia. E quando dai voce a tutti e parli di gossip, di cazzate ne dici tante. E nella città in cui tutto è vissuto come una fede va a finire pure che ci credono a quelle cazzate. Un po' come quando durante la messa il prete ci dice che Giuda era il cattivo. Qualcuno ha mai chiesto la versione di Giuda? Qui è uguale: sono le radio che decidono chi è buono e chi è cattivo (e il fatto che De Rossi sia il giocatore più pagato della serie A lo dobbiamo anche a loro - e al fatto che sia romano e romanista e per cui immune da ogni peccato).  E l'allenatore che fino all'altro ieri era portato in trionfo improvvisamente diventa un incompetente prigioniero delle sue idee etc. etc. etc.

A Roma è tutto moltiplicato alla enne. 

Compresi i tifosi. Noi siamo quelli che si entusiasmano e si deprimono in un battito di palpebre. Noi siamo quelli che vinciamo il campionato ad Agosto e pensiamo al prossimo a Dicembre. In cui un allenatore se non vince lo scudetto alla fine del primo anno è un coglione. Alla fine del secondo poi non ne parliamo. Un tifo che vince uno scudetto ogni 18 anni nella migliore delle ipotesi....per cui talmente disabituato ai trofei da non poter aspettare un minuto di più. 
Ecco, è come se fossimo stati single per 10 anni, improvvisamente arriva l'uomo perfetto ma lo lasciamo perchè non ci chiede di sposarci dopo 6 mesi. Tanta è la voglia di un traguardo che preferiamo sperare che la prossima volta andrà meglio e sarà più facile per non impegnarci a vedere come va a finire la storia che abbiamo in corso.

E allora mi chiederete, hai la soluzione? 
Boh, non lo so...ma è come la fisica...se applichiamo sempre la stessa azione ed otteniamo la stessa reazione (ergo non vinciamo un emerito nulla) forse è il caso di cambiare le azioni.

1) la Società deve decidere di fare la società, come la Juve, il Milan o l'Inter, con regole di comportamento e sanzioni e pure politica dei social se capita che su twitter alcuni non si regolano proprio (vedi Castan tra gli ultimi). E se un giocatore si permette deliberatamente di giocare contro la società e contro la squadra deve sapere che sarà punito. Rigore e disciplina e nessuno sconto. Per nessuno.

2) I giocatori devono ricordarsi che sono professionisti pagati per dormire a Capodanno e come tali devono comportarsi. 
Sono pagati per fare il mestiere che tutti i ragazzini sognano da piccoli anche quelli che poi diventano ingegneri. 
Se giochi a Calcio la bella vita la fai dopo i 30. Nel frattempo garantisci domeniche decenti a me.

3) Noi tifosi dobbiamo pretendere il rispetto della nostra intelligenza e forse, mi duole dirlo, imparare ad essere più distaccati. 
Primo: è finito il tempo della Curva Sud, di quella seria, non di quella pantomima che oggi non entra allo stadio per quattro vetri. 
Secondo: Bisogna imparare a fischiare quando serve e ad applaudire quando se lo meritano. Bisogna imparare ad aspettare. Bisogna imparare a non cadere preda di facili entusiasmi nè di istantanee depressioni. Lo so, l'astinenza da trofei è come l'astinenza da droghe ma occorre trovare la giusta dose di metadone.

4) Chiudiamo le radio, tutte. Oscuriamole. Intorno al mondo della Roma e delle radio c'è un sacco di gente che ci magna e ci guadagna...e chi ci guadagna su qualcosa di solito si fa pochi problemi delle conseguenze delle proprie azioni. E se proprio non vogliamo chiuderle facciamo che si parla di Roma un paio d'ore e per il resto cucina, cucito, tennis, hockey....un po' come facevano le mamme quando eravamo piccoli con il tempo per i cartoni animati o il nintendo. Contingentiamo.

5) Serve un allenatore che non diventi amico dei giocatori, che se ne frega degli umori del tifoso e che magari ci stia pure sulle palle. E pienamente supportato dalla società. Uno che si mette la spia nello spogliatoio e che tenga tutto sotto controllo. Un mercenario vero.  Oppure uno cieco e sordomuto. Finita la pacchia.

6) Mi duole dirlo ma tocca dire addio al Capitano. Con una bella festa, piena di gente, di tifo e di colori. Con uno di quei GRAZIE immensi. Ma dobbiamo uscire da questo equivoco per cui solo con l'imposizione del suo tacchetto potrà risolvere tutti i nostri problemi a 39 anni. Ci riempie il cuore ma ha gli stessi limiti di Starwars VII. Punta sull'effetto nostalgia ma ci distrae dai buchi nella trama.
7) Questo non risolverà i problemi ma visto che stiamo buttando lì richieste come a Babbo Natale ce lo metto. I calci d'angolo, per pietà, alleniamoci sui calci d'angolo.

Se no, davvero, sarà sempre il maledettissimo giorno della marmotta. Ci sveglieremo sempre come Bill Murray con "I got you Babe" in sottofondo. E continueremo a tentare il suicidio nei modi più strani risvegliandoci e rivivendo sempre il 2 Febbraio.

Per uscire dall'incantesimo, Phil Connors insegna, bisogna cambiare se stessi. E forse finalmente vedremo cosa succede il 3 Febbraio.




ps. Nonostante l'epilogo, vorrei ringraziare Rudi per essere riuscito in un'impresa che non era per nulla facile. Averci risollevato dal 26 Maggio. Poteva essere un lungo incubo. E' stato una breve parentesi.