lunedì, maggio 27, 2013

Hai un momento, Dio?

C'ho un po' di traffico nell'anima, diceva il buon Liga, ma a differenza di lui ho un po' più di 3 domande:

1) Psy era un tentativo per trovare le larghe intese con gli avversari?
2) E' possibile far scendere una qualche sorta di illuminazione nella Sud e fare una coreografia anche noi ogni tanto?
3) Per capire gli striscioni della Nord dove si pigia il 777 per i sottotitoli?
4) Far pagare la birra meno di 4 euro in una serata del genere non sarebbe stato un atto di carità?
5) Ma com'è che a me levano il borghetti e poi in curva ci sta la stessa quantità di fuochi d'artificio che c'è in tutta Roma a Capodanno?
6) Ma si può far giocare mediano uno che ha lo spunto della punta e pure del dieci?
7) Ma si può far giocare a destra uno che ha fatto il centrale fino a ieri mattina?
8) Che brutto peccato c'avevamo da espiare per dover ritirare fuori dalla naftalina Balzaretti?
9) Che i migliori in campo siano stati Bradley e Marquinho era un modo per ricordarci che gli ultimi saranno i primi?
10) Hai notizie di Lamela e Destro?
11) Per De Rossi si può fare qualcosa?
12) Se dovevamo perdere, a rosicare per rosicare, non era possibile prendere un bell'eurogol invece di un rimpallone?
13) Dodò?????
14) e soprattutto...perché????

So' 3 anni di Purgatorio, da Genoa-Roma 4-3.
E' abbastanza?
Saturno contro, dici?
Può essere.
Un po' lo sai pure di chi è la colpa, mi dirai.
E c'hai ragione, lo so, i segnali c'erano tutti, dovevo immaginare ma fa male lo stesso.
Lo sai quell'idea stupida che a un certo punto le cose devono cominciare a girare bene, non foss'altro per statistica?
Stupide illusioni, lo so ma alla fine non si smette mai di crederci.
Il reale busillis è che non puoi manco dire niente, attaccarti a una traversa, a un rigore non dato, loro sono stati meno pippe e noi non siamo scesi in campo, tocca abbozzare.

E tu mi dirai, mica avresti voluto il miracolo?
E avresti ragione, i miracoli tocca tenerli per cose più importanti, sarà che mi sembra che non ci fossero altre soluzioni se non quella di un intervento divino visto che quello che di umano si vedeva non lasciava spazio ad alcuna speranza.
E allora che vuoi, ti chiederai?
Tanto continuerai ad amare quella maglia indipendentemente dalle risposte che ti darò.
Giusta osservazione. 
E non ci sono dubbi nè tentennamenti.
La fede è fede, penso che tu sia un esperto sul tema.
 
A voler proprio essere onesti, però una richiestina l'avrei: c'è un problema serio da affrontare ed è che c'è una generazione di cinquenni che starà decidendo a quali colori tenere e il risultato di questa finale non aiuta, te lo dico. 
Per il bene del pianeta terra, fai qualcosa.
Un addendum al catechismo, un nuovo peccato capitale, così, quello che ti viene.
Te ne sarai infinitamente grata.


lunedì, maggio 20, 2013

L'imprinting

Ci sono partite che non contano niente.
In cui sai che qualunque cosa succeda non cambierà niente.
Un'amichevole di pre-campionato più o meno.
E noi nel pre-campionato e nelle partite che non contano niente siamo sempre stati forti.

Ci ripensavo l'altro giorno, quando mi chiedevano perchè ho già rinnovato l'abbonamento per il prossimo anno.
Perchè noi di partite così ne abbiamo viste talmente tante che è inutile nascondere la testa sotto la sabbia e fare finta che sia la prima volta.
E se non lo è, ci sarà un motivo per cui stiamo ancora qui, ogni domenica (e, con il passare degli anni, venerdì, sabato, lunedì, martedì o mercoledì).
O non impariamo mai o in fondo in fondo sappiamo che non c'è altro posto dove vorremmo essere. 
Oddio, a volte ce lo chiediamo perchè ci stiamo, alcune più spesso di altre, ma alla fine una risposta ce la diamo sempre.
E comincia sempre per A e finisce per more.
E' tutta una questione di frutti di bosco.
Il vero nodo è che un tempo queste partite erano una stagione intera: quella dove, sin dal principio, sapevi che non saresti andato da nessuna parte. 
Ed allora è normale ricordarsele con un pizzico di malinconia, è sempre facile giocare a pallone quando non c'è nulla da perdere. E soprattutto nulla per cui arrabbiarsi.
E invece oggi siamo delusi: segno che per qualcosa abbiamo lottato.
Che poi non ci siamo arrivati perchè non ci abbiamo creduto abbastanza è un altro paio di maniche, e su questo si possono aprire capitoli interi di discussione sui se e sui ma.
Ma con i se e con i ma non si è mai fatta la storia.
O forse la nostra è fatta solo di se e di ma. Vallo a capire.
Alla fine per un attimo siamo stati lì ed è sempre meglio un rimorso di un rimpianto. 
L'ho sempre pensata così.

E allora anche quest'anno si chiude con una partita che non conta niente. 
Quelle in cui arrivi allo stadio, ti bevi un borghetti, una birra, fai due chiacchiere col vicino, ti informi sulla salute di amici e parenti, di matrimoni, di gente che s'è lasciata, della scuola, dei figli, delle prossime vacanze, di dove staremo seduti la prossima domenica. 
Chatti pure un po' su whatsapp con la coda dell'occhio sul manto verde.
So' belle ste amichevoli, pure i napoletani li facciamo lavare col fuoco meno del solito, più che altro ripassiamo un po' di cori.
Perchè con la testa già sei al 26 Maggio, non c'è niente da fare.
"26-05-2013: Vincete o Scappate" recita lo striscione in Nord. 
Forse al 26 Maggio ci stiamo con la testa un po' tutti.
Con grande serenità, come si può intuire.
Ma oggi non è 26 e la mia gamba è stranamente ferma, non si muove all'impazzata in perenne tensione, non iperventilo, fumo anche qualche sigaretta di meno.
E quando segna Marquinho, esulto, pure se non conta niente, perchè alla fine "il mio cuore batte per te" e questo non cambierà mai.
E pure quando segna Destro salto dal seggiolino (anche per l'evento in sè per sè, a voler essere onesti).
Perchè è così che succede nelle partite che non contano niente.

Che non contano niente fino a quando non arriva la notizia del gol del Cagliari.
Quando il tuo cervello comincia a fare calcoli a una velocità impressionante.
Sommi, sottrai, moltiplichi in qualche nano secondo.
Ed improvvisamente realizzi:
"Cazzo, il sorpasso".
E la partita che non contava niente, conta improvvisamente qualcosa.
Tre noccioline, eh, però qualcosa.
Ed è infatti il momento in cui rischi di pareggiarla.
Il momento in cui la gamba ricomincia a muoversi incondizionatamente, il respiro si fa affannoso e t'accendi la sigaretta che prima non serviva.
Non fa una piega. 
Ma alla fine il triplice fischio arriva.
Ed esultiamo, probabilmente perchè non ci credeva nessuno che sta serata c'avrebbe regalato qualche briciola.

Per carità, ci consoliamo sempre con l'aglietto. 
Però sempre meglio sopra che sotto.
Meglio davanti che dietro.
Perchè di quelle stagioni che non contavano niente l'imprinting alla fine non l'hai mai perso.
E riscopri, con un misto di amarezza e piacere, che il provinciale che è in te non è mai morto.
E ci parli pure e gli dici: "ma che c'hai da esultare? Zitto, muto, low profile".

Perchè c'è sto diavolo di 26 Maggio che ci aspetta.
La settimana più lunga della vita, seconda forse solo a quella che ci portò al 17 Giugno del 2001. 
Keep calm, dicono.
Pare facile.






lunedì, maggio 13, 2013

Quel che resta del giorno

Io ve l'avevo detto dopo Catania-Roma (vedi Il teorema del limite centrale).
Non dite che non vi avevo avvertito.
Era Gennaio.
Avevo fatto outing, mi ero assunta le mie responsabilità e vi avevo preannunciato che, o cambiava qualcosa o non si andava oltre il sesto posto.
La società non mi ha dato ascolto.
Manco un annuncio piccolo piccolo tra primo e secondo tempo.
Facciamo uno sforzo con la nuova campagna abbonamenti? 
Vi ricordo anche che c'abbiamo un appuntamentino a breve, così per dire.
Si fa sempre per puro spirito d'amore per la maglia, eh?

Finita st'autocelebrazione per le mie doti di Cassandra giallorossa, ieri s'è chiuso il campionato. 
E sì, manca una partita, che l'anno scorso per garantirci il settimo posto abbiamo dovuto sudare a Cesena, ma ieri abbiamo chiuso il sipario su quella che è senza dubbio un'altra stagione fallimentare. 
A me è sembrata la fotocopia dell'anno scorso, quella in cui il Campionato ti aspetta e tu tutte le volti sbagli il luogo o l'ora dell'appuntamento.
Forse pure peggio visto che devi in qualche modo (con un senso di disgusto e una forte acidità di stomaco) ipotizzare - non dico sperare - che la Lazio superi l'Udinese.

Anche perchè, se è vero che ieri ci siamo presentati con una formazione fantasiosa a piacere, rispolverando Dodò esterno avanzato come con Palermo e Chievo (il che dovrebbe sollevare una domanda assolutamente retorica), è pur altrettanto vero che ci incontravamo con i terzi in classifica. Non so se mi spiego...sono terzi. 
A riprova che questo campionato era proprio alla nostra portata. 
Se solo non avessimo buttato i soliti 12 punti sparsi a piacere.

Una partita che è la sinossi di queste stagioni: la partita che giochi per non perdere invece che per vincere. 
Che giochi per un'ora in 11 contro 10 senza mai sfruttare la superiorità, dove non verticalizzi mai per paura di regalare qualche pallone a centrocampo e appena puoi torni indietro.
Che ancora dopo 20 anni non hai capito che il Capitano i numeri ce li ha praticamente tutti ma i calci d'angolo si mettono tra praticamente e tutti.
In cui l'unico sprazzo di veleno comunque ce lo mette sempre lui. 
Lascia stare che in questo caso si concretizzi sullo zigomo del fu Rugantino invece che in porta. 
Dettagli.

Così come è un dettaglio che Balotelli ci stava antipatico pure se era bianco: non è razzismo, è proprio che ci dà fastidio fisico.

Comunque, uno zero a zero che più zero a zero non si può.
Zero di tutto.

Quindi? 

Quindi travasiamo quel po' di bile che ancora non avevamo utilizzato, ci prepariamo a salutare i salutabili e ad insultare gli insultabili, aspettiamo di sapere quale sarà il nuovo progetto con la tessera del prossimo anno già rinnovata, perchè in Amore di cose stupide se ne fanno tante. 
Perchè sta ruota dovrà girare prima o poi, allora meglio esserci che non esserci. 
Perchè alla fine anche quando non ci sei, ci sei comunque, è inutile che ci prendiamo in giro.
Perchè se e quando sarà, ci racconteremo con quello del seggiolino davanti..."E te lo ricordi Tachtsicoso?". Comunque fa curriculum.

Ed ora quel che resta del giorno è solo l'attesa del giorno.
Che non la sento per niente.
No. No.







mercoledì, maggio 08, 2013

Ctrl-c > Ctrl-v

La partita col Chievo. Il match delle invarianti. Un meteo di schifo e un risultato improbabile.

Aspe', mi sa che questa l'ho già scritta.

Ctrl-c > Ctrl-v

Da dire c'è davvero poco: abbiamo stentato a creare azioni pericolose, pressing alto solo per 15 minuti, attacco poco incisivo, i piedi storti di Bradley, pochi cross dal fondo e sempre i maledettissimi calci d'angolo col doppio tocco. Non che dall'altra parte si creasse granchè, Goicoechea e Sorrentino giocavano a battaglia navale in rete e i due giudici di porta si volevano aggregare per un tresettino estemporaneo.

Aspe', mi sa che ho già scritto anche questa, basta cambiare i portieri.

Ctrl-c > Ctrl-v

Insomma, una noia mortale.  

Aspe', questa l'ho scritta pari pari.

Ctrl-c > Ctrl-v

Poi basta sostituire Rigoni con Dramè, Pellissier con Thereau, eliminare il fuorigioco a cui almeno ti potevi attaccare ma tutto il resto non cambia.

Ctrl-c > Ctrl-v: anche perchè non so' 3 ma so' 6 i punti che gli abbiamo lasciato. Bontà vostra.

Ma è, d'altronde, la tranquillità dell'immutabile: perchè, per quanto vuoi ritenerti una squadra matura, la paura ti attanaglia. Se vinci tre partite di seguito ti viene l'ansia da prestazione, la vertigine da altezza, la paura di deludere. E subito torni alla realtà. 
Nella giornata che ti poteva portare tra le grandi, decidi che vuoi essere una qualunque, troppo lontana dal fondo per aver paura di cadere ma neanche troppo vicina alla meta per doverci provare.
E torniamo a fare quello che sappiamo fare meglio: arrivare alla fontanella senza bere mai.

Daje su, ora siamo tornati alla realtà. Non fateci rimanere qui per tanto.

Et voilà. Il copia e incolla è servito.






martedì, maggio 07, 2013

Che rumore fa la felicità


Ho questa inquietante sensazione che la gente fugga la felicità.
Che abbia davvero paura che ci siano effetti collaterali.

Forse quello che spesso ci dimentichiamo è che la felicità non ha una durata.
Nel senso che non sta scritto da nessuna parte che debba durare per sempre.
E non è che se non dura per sempre allora non è felicità.
O forse ce lo ricordiamo così bene che sapendo che potrebbe finire facciamo di tutto perchè non cominci, o la posticipiamo, del tipo c'ho uno spazio libero verso Dicembre, cortesemente chiamare ore pasti.

Comunque mettiamo le mani avanti subito.
Felicità? No, grazie, ho smesso.
Cioè, mi sembra di capire, in attesa o per la paura di un ipotetico sempre ignoriamo un ipotetico adesso.
Geniale. Quasi diabolico.

E spesso confondiamo ciò che ci rende felici da ciò che non ci rende infelici. 
Che non è sempre la stessa cosa.

E copriamo semplicemente il rumore con felicità apparenti o superficiali che hanno il potere di intontirci come una birra a stomaco vuoto. Ci fanno sentire forti, invincibili, senza renderci conto che in realtà ci stiamo confondendo per non ascoltare, ci rintroniamo di decibel e barcolliamo, convinti sia euforia e invece è solo che stordirci e non capire niente è un buon modo per evitare di capire quello che servirebbe.

Sarò strana io, non lo metto in dubbio. 
Ma il rumore della felicità è un altro.
Ed ha lo stesso spettro sonoro di un sorriso.
Che rumore fa un sorriso?
Oh, quante cose volete sapere.

domenica, maggio 05, 2013

L'eleganza del riccio

Dovevo essere a Firenze in Maratona centrale.
Posso dire, con ragionevole cognizione di causa, che sia stato un bene che i pianeti non si siano allineati perchè ciò accadesse. 
Dubito che mi avrebbero fatto uscire viva dallo stadio.
Mi è bastato osservare lo sguardo rassegnato di mia madre quando, al minuto 92 ho lanciato un urlo superiore a qualsiasi barriera del suono attualmente conosciuta, sdraiata sul tappeto in modalità tarantolata, per capire che la mia copertura all'Artemio Franchi non avrebbe retto.

E a Firenze non ci arriviamo ottimisti, tanto per usare un eufemismo.
Sarà Montella, sarà sto stuolo di ex che si palesano in ogni zolla di campo, sarà che a noi questi appuntamenti ci trovano sempre impreparati.

E' chiaro sin da subito che sarà una lunga partita.
E' chiaro sin da subito che sarà una sofferenza senza fine.
E' chiaro sin da subito che Aquilani e Pizarro c'hanno ancora un paio di conti in sospeso con noi.
E' chiaro sin da subito che c'è un motivo per cui la Fiorentina ha ceduto Balzaretti e tenuto Pasqual.
E' chiaro sin da subito che De Rossi ha rimosso dal suo vocabolario l'espressione "cambio di passo".
E' chiaro sin da subito che Totti vuole l'addendum del libro fotografico del Corriere di cui in giornata è uscito l'ultimo numero.
E' chiaro sin da subito che il problema non sarà sopravvivere al 26 Maggio, sarà arrivarci vivi.

Un sacco di cose sono chiare sin da subito. 

Tranne due:
1)  il naso rotto di Lobont, che speriamo si dissangui lentamente pur di non vedere Goigoechea tra i pali;
2) noi davanti alla porta.

Ma gira che ti rigira, chiara che ti rischiara, va a finire che di questa partita sono proprio queste le 2 cose che ricorderemo:
1) che Goigoechea ci ha salvato la partita su Ljajic
2) che alla fine non conta quante volte tiri ma quante volte la butti dentro. E che se batti un calcio d'angolo come si batte un calcio d'angolo può esser pure che basti una volta sola.

E sì, era rigore quello di De Rossi, l'ha presa con la mano....
E allora il gol di Turone? Ne vogliamo parlare?
C'est la vie.
Fa rima e c'è. 
Stacce.
Io me la godo è il punto è: sto a gode' come un riccio. 
Se po' di' riccio? 
E poco elegante?
Va be', famo che c'ho l'eleganza del riccio che gode.
Tanto è uguale.
Daje.