domenica, marzo 31, 2013

La pesca delle carpe

Se dici pausa, pensi sconfitta.
Se dici sabato di Pasqua, pensi sconfitta.
Se ci metti che sembra che mi abbiano fatto copia e incolla della vita di esattamente un anno fa, pensi sconfitta.
Tutto questo per dire che le premesse e le analogie non sono per niente buone, proprio per niente.

L'anno scorso c'era un Lecce a un passo dalla B e l'occasione per rimontare qualche punto in un campionato che sembrava non finire mai in quanto ad occasioni da cogliere.

Quest'anno c'è il Palermo che è a un passo dalla B e l'opportunità per rimontare qualche punto in un campionato che ti continua a chiamare insistentemente per dirti che, se vuoi, ti amerebbe anche e sceglierebbe te. Se solo rispondessi.

Ve l'ho detto, premesse e analogie non sono le migliori.

Ma, magari, in un anno qualcosa l'hai imparato, sei cresciuto, hai capito che nella vita le occasioni si devono cogliere perchè poi che te ne do una, poi che te ne do due, poi magari mi stufo e passo ad altro. 
Che la paura di cadere e la paura di volare sono sempre una paura e allora magari conviene chiudere gli occhi e vedere come va, perchè magari va bene.
E perchè se non ti butti, forse non cadi, forse non voli, ma sto limbo, per quanto tranquillo, non ti porterà mai da nessuna parte.

Ma a un anno di distanza si vedono più o meno gli stessi atteggiamenti, le stesse amnesie, le stesse paure.

Bel deja vu, serviva per completare il desolante quadro.

E con Perrotta che fa Lamela, Lamela che fa Piris, Tachtsicoso che fa il Salsiccione e Burdisso che fa Burdisso, bastano solo 21 minuti al Palermo e a Ilicic per rifilarci il primo uovo di Pasqua.

Non era difficile, Andreazzoli: non ti dico di dare un'occhiata veloce al manuale dell'allenatore, anzi, prendi il Bignami che c'abbiamo fretta: sta squadra così messa è roba da harakiri. 

Che poi se questi stanno andando in serie B un motivo ci sarà pure, sarà forse che gli unici due con i piedi buoni ce l'hanno davanti e basta solo non fargli arrivare il pallone. 
Pressiamo alto e ripartiamo. Su dai, ce la possiamo fare.

E invece niente. Pure il Palermo oggi sembra il Barcellona, tre tocchi e sono in area.

Santa Pazienza. 

Poi mettici che i palloni buoni nostri arrivano tutti sui piedi di Marquinho e che il povero Lamela a forza di fare avanti e indietro arriva al tiro stremato che sembra sotto effetto di 6 ore di jet lag. E che Totti si è giustamente stufato di levarci sempre le castagne dal fuoco e ogni tanto si vorrebbe riposare anche lui. 

Ed allora ecco che al 35mo facciamo quello che ci viene meglio: torniamo As Roma Onlus e regaliamo a Miccoli il gol dopo 9 partite di digiuno. 
Che a Natale non gli avevamo mandato neanche gli auguri, quindi toccava rimediare nella Santa Pasqua in qualche modo. 
E sull'educazione noi non ci facciamo mai guardare dietro. 

La fine del primo tempo ci trova completamente demoralizzati. 
Nel dubbio mi faccio anche un borghetti (che dopo una serata in cui ti sei sfondata di tequila sale e limone è un atto d'amore puro) ma ci sono giorni in cui anche la scaramanzia non può nulla contro l'inevitabilità degli eventi.

Perchè quando pensi che l'unica alternativa sia far entrare Torosidis neanche per endovena il borghetti può essere una soluzione.

Il secondo tempo, invece, vede l'ingresso di Pjanic e Osvaldo. 
Va be', comunque un cambiamento.
E se il primo ha il pregio di rimettere un po' di ordine in una squadra senza senso, con Lamela che finalmente torna qualche metro più avanti, il secondo riesce solo a continuare ad irritarci. E quando prende l'ammonizione, e la conseguente squalifica, per un fallo assolutamente inutile, prima impreco e poi tiro un sospiro di sollievo, vedi che sto giro riusciamo a finire un derby 11 contro 11.

Per il resto, nulla da segnalare. 
Squadra remissiva, poco ordinata, opaca e sterile in attacco.
E mentre Fiorentina e Inter perdono, un pizzico di veleno non avrebbe fatto male.
Che l'occasione fa l'uomo ladro e noi facciamo sempre quelli rapinati.

Altro che carpe diem.
Noi al massimo la pesca delle carpe.

E allora?

E allora è arrivata di nuovo Pasqua.
E ce la diamo in fronte un'altra volta.
Che siamo riusciti a far risorgere una squadra di morti dopo 126 giorni, a far segnare Miccoli nel 2013 e a far vincere Sannino con il Palermo che neanche con la playstation c'era riuscito mai.
A miracoli di Pasqua a noi ci spicciano tutti casa.

Quindi, a regola e secondo le scritture, tra tre giorni tocca risorgere.

Ma non ci formalizziamo, vanno bene anche nove.

lunedì, marzo 18, 2013

L'acchiappo

Chi ha avuto la pazienza di leggere i post passati avrà capito una cosa. 
Che io le partite non me le sento mai.
C'ho sempre quell'ansia latente che mi rende poco tranquilla.

Ma questa è diversa.

Sarà che era 17 il giorno dello scudetto.

Sarà che c'era il Parma quel 17.

Sarà che è San Patrizio e a me a San Patrizio sono sempre successe cose belle. Ma belle belle.

Per cui sono fiduciosa, lo dico subito a Stefano appena ci vediamo alla Palla. Non può andare male, non si può interrompere una tradizione che dura da più di 10 anni.

E pensa un po', tanto per darmi ulteriore fiducia, l'ex di turno nella saga "guardate com'eri, guardate come sei diventato" è Antonio Carlos Zago che fu oggetto di conversazione proprio in una notte di San Patrizio di qualche anno (decennio) fa.

E allora daje, che si comincia.

Con le formazioni.
Momento in cui Stefano fa la più pericolosa delle domande: "chi è Ampuero?" e io comincio a temere che in qualche modo ci daremo una risposta presto. San Patrizio, aiutaci tu.

Formazione fantasiosa per noi, Osvaldo non deve aver usufruito dell'indulgenza plenaria e ancora ha da scontare qualche peccato. 
In campo la vecchia guardia spallettiana con Perrotta incursore e Totti a dirigere.

Ma, tutto sommato, sebbene l'impressione sia che il Capitano dovrebbe poter essere in due posti contemporaneamente, ossia a crossare e a ricevere palla, dopo 7 minuti e due cross sprecati, la palla entra in rete. Proprio sotto di noi. Che sappiamo che l'ha insaccata Lamela sebbene lo speaker ci faccia urlare Florenzi. Vatti a fidare. Ma ci fidiamo. Anche se mezz'ora dopo ci dà ragione e ci tocca ri-esultare per il Coco in differita.

E poi ad un certo punto, assistiamo a uno di quei momenti che raramente un tifoso può dire di aver visto. L'azione perfetta. 

Dicono sempre che il delitto perfetto non esiste. Che c'è sempre l'errore che ti condanna. E probabilmente non esiste nemmeno l'azione perfetta sebbene io l'abbia vista per quasi 15 secondi. Giuro.
Colpo di tacco di Totti a liberare Marquinho che si invola in area e serve Perrotta che solo davanti al portiere deve solo insaccarla. Già scaldiamo la corda vocale e prepariamo le ginocchia al salto, abbiamo anche il tempo di pensare a chi e a che sms mandare dopo aver esultato. 
L'azione perfetta. 
Ma pronto, ecco l'errore che ti condanna. 
Traversa. Piena. 
Infarto. Pieno. 
Calendario. Tutto.

Il resto del primo tempo si può riassumere in:
a) "ma che colpo di tacco ha fatto il capitano?" - roba da Fifa, Pro Evolution Soccer, roba da fantascienza, una di quelle cose da raccontare ai nipoti;
b) "Possibile che tutte le palle buone arrivino sui piedi di Perrotta?" che pare essere l'attaccante aggiunto, molto aggiunto e poco attaccante.

Comunque fine primo tempo in vantaggio più che meritato ma, si sa, noi con l'uno a zero stiamo sempre poco tranquilli. Vogliamo i 3 punti e possibilmente un altro gol in tempi brevi.

Tralascio i commenti su una tizia che avrei preso volentieri a capocciate se non fosse stata 20 centimentri +15 di tacco più alta di me che in modalità "a me della partita non me ne frega niente, sto qui ad accompagnare quel rompipalle del mio fidanzato" mi ha fatto perdere 10 minuti in fila al bar e perdere una traversa del Capitano. Potrei uccidere anche per un semplice tiro del Capitano, figuriamoci per una traversa e palo interno all'incrocio. 
Per fortuna il mio fido compagno di stadio mi invita alla calma e la rissa è solo sfiorata.

Al 12mo Ampuero esce, senza aver fatto danni. Respiro di sollievo.

Sembriamo aver in mano la partita. 
Anche se la traversa del Parma sotto la Sud la sentiamo bella forte. Sia a livello uditivo che di coronarie ormai provate.

Ma la palla gira e sto ragazzetto col 10 pare essere bravino. 
Diamogli tempo e vedrete che campione. Da come corre avrà 20/22 anni, ci sono ampi spazi di miglioramento.

Tanto che Valdes non ha altre alternative che stenderlo al limite su un'azione che sarebbe stata gol certo. Che se ci fosse stato Florenzi, Perrotta, Osvaldo ci posso anche stare che tu dia il giallo, mio caro arbitro, non avrebbero segnato mai. Ma su Totti è rosso, c'è scritto sul regolamento.

E tanto per chiarire come stanno le cose, Totti sistema la palla, prende la rincorsa, tira e segna. Roba che Valdes si sarebbe dovuto autoespellere subito dopo, inchinandosi.

226. Tanti tanti tanti. 

E mentre i minuti scorrono e si rivede anche Taddei, che va a completare la foto d'epoca dei tempi di Luciano, arriva la notizia che non ti aspetti, che ormai abituati a giocare in serale non siamo avvezzi a pensare che ci sia un'altra partita in contemporanea.
Il Torino ha segnato contro la Lazio.
E per la prima volta dopo mesi aspettiamo con un "ooooooooooooooooohhhhhhhh" l'annuncio sul tabellone luminoso. 
Fico, me l'ero dimenticato.
"Mio figlio lo chiamo Jonathan" urla in preda al delirio qualcuno alle mie spalle.
La serata si fa interessante, non c'è che dire.
San Patrizio non si smentisce mai.

Ed arriva il triplice fischio. Due a zero e tutti a casa. 
Sotto ettolitri di pioggia ma a pensarci bene, se pioveva e perdevi era peggio, no?

E mentre scendiamo i gradini, il tizio dietro di me chiama a casa e chiede: "E' finita?"

Attimi di silenzio, chiude il cellulare e dall'alto dei gradini si ferma e annuncia al popolo:

"E' finita, stamo a pari punti co' le merde!"

(Mi rendo conto che non sia politically correct ma è puro dovere di cronaca. Forse.)

Perchè quando più o meno la stagione non sai dove voglia andare, da che mondo è mondo e da che il tifoso romanista è tifoso romanista, l'obiettivo è uno solo. Acchiapparli o non farsi acchiappare.

E allora, acchiappo è stato. Ora tocca correre più forte. 







venerdì, marzo 15, 2013

Extra omnes

Partiamo dal presupposto che:
1) ho tentato di dirottare il pullman della montagna verso Udine
2) il primo aperitivo sociale "per farci conoscere" l'ho tracannato in 6 minuti
3) ho cenato da sola con il maitre alle 19.30
4) arrivata alle 20.42 in camera ho trovato il telecomando di sky scarico e la reception ha passato brutti 2 minuti
5) dopo suddetti 2 minuti volevano ancora sapere se potevano addebitarmi 8 euro per la partita

Comunque al fischio di inizio ero carica e pronta all'assalto della classifica.
Io.
Loro un po' meno.

Partita tirata, ritmi bassini, Totti è sempre lì, capisce il tempo, capisce la velocità ma capisce solo lui.

A sbloccare però ci pensa Lamela, nell'unico episodio in cui il suo nome merita di essere menzionato. Per il resto...vuoto cosmico. In realtà il portiere ci mette del suo ma ultimamente non vale la pena di essere schizzinosi.
Il tempo passa noiosamente, dietro il solito disastro, davanti il solito deserto.

Si passa dal primo al secondo tempo senza grandi episodi degni di nota.

Ma ognuno ha i suoi fantasmi e i propri incubi. Il mio si chiama Muriel e proprio sotto Pasqua lo scorso anno ci infliggeva a Lecce una delle più cocenti umiliazioni del projecto.

E sia mai che si possa essere più forti delle proprie paure. Stek, alla ricerca di se stesso, ignora il pallone che gli passa sotto le gambe che neanche saponetta Fiori dei bei tempi fece di meglio.

1 a 1 e fine dei giochi.

Giusto il tempo per sognare la botta di culo quando l'Udinese rimane in 10 ma considerando che noi si giocava in 8 senza De Rossi, Lamela e Osvaldo non è che poi si potesse sperare tanto, soprattutto quando il fu Cipolla sbaglia un gol che voleva dire 3 punti.

Perché, nei miei pronostici alla Borgorosso, io ci avrei messo una X su questa partita. Poi quando vedi che non è più l'udinese del gioco-champagne e dei giovani talenti immarcabili, un pensierino ce lo fai, é umano.

Questa non é la strada per andare in paradiso.

Ma poi quando la sera dopo, mentre fai un minimo di vita sociale con gli altri sciatori, il cellulare vibra con notizie assai interessanti da Montella e Gilardino...be', d'altronde chi non ha commesso qualche peccatuccio? Noi più di altri, neanche a dirlo, siamo esperti in peccati di presunzione ed esaltazione precoce ma visto che siamo in vista dell'indulgenza  plenaria e tocca anche ricominciare da capo, vale la pena giocarci le ultime cartucce.

Extra Omnes sarebbe stato da gridare, visto il clima da conclave. E la chiave da buttare in qualche fratta di Trigoria.

E invece ti ritrovi a guadagnare un punto invece che perderne due.

E con un nuovo Papa che prende il nome del Capitano.

Daje che di fumate bianche ce ne servono solo altre 10.





lunedì, marzo 04, 2013

225

Era il 4 Settembre 1994. 
Io ero seduta in Distinti Sud, settore 23D.
Era il 30mo.
Lancio in area di Thern, sponda di testa di Fonseca, un pischello biondino che da lì a poco avrebbe compiuto 18 anni si avventa con il sinistro sul pallone.
Smuove la rete.
Segna il suo primo gol in Serie A. 
E mi fa volare quattro file più sotto.
Allora non sapevo che sarebbe diventato il mio Capitano.

3 Marzo 2013.
Sono seduta in Distinti Sud. Settore 23AS, lo stesso di 19 anni fa solo che nel frattempo gli hanno cambiato nome.
E' il 16mo.
De Rossi entra in area, cade. Fischio. Rigore.
Un biondino che ha da poco compiuto 36 anni sistema la palla sul dischetto.
Tiro, rete, Gol.
E l'urlo che esplode.

E non un gol qualsiasi. Il numero 225. 
E quando lo speaker annuncia il marcatore lo vorremmo urlare per 225 volte.
Non una di più, non una di meno.

225.

225 Gol che ho avuto l'onore e il privilegio di vedere. 
Tutti.
Siamo cresciuti assieme.
Forse è per questo che mi scende una lacrima sul viso, incontrollata, improvvisa, sincera.

Se ti fermi solo un attimo a pensare a quante cose sono successe dal 1994 ad oggi.
La fine della scuola, l'università, il lavoro, gli amori iniziati e quelli finiti, i dolori, le gioie, le lacrime, i sorrisi, i rimorsi e i rimpianti, i vecchi amici, quelli nuovi, le nascite, le morti, gli addii e gli arrivederci, gli abbracci, le esperienze, gli errori, le scelte, il prima e il poi, l'ora e adesso, le domande, le risposte, i dubbi, le certezze.

Per ognuno di noi c'è un universo senza fine di ricordi. 
Tutti dentro uno spazio che va dal numero 1 al numero 225.

E allora della partita di ieri si può dire solo questo.

225.

Un capitano.

La storia.

La mia, la tua, la sua, la nostra.

E di sottofondo c'è una partita noiosa e macchinosa, una fascia sinistra da rifondare, un attacco malinconico e spaesato, un Perrotta che continua a dormire a capodanno e che più che un incursore sta diventando un talismano.

E poi c'è un giovane pischello, da poco 18enne, che salta più in alto di tutti e segna il suo primo gol in serieA.

E magari è un caso, magari è il destino.

Magari. Chissà.