lunedì, dicembre 24, 2012

Il giorno dopo la fine del mondo

E arriva il Milan.

Di Sabato. 22 Dicembre. In pieno tourbillon regali-pacchetti-auguri. Ed è il sabato che deciderà se passerai delle buone o delle pessime feste.

Io non me la sento per niente. Ma questi giorni mi sento davvero poco per cui non faccio testo.
E l'andata in scooter in tangenziale con l'amico milanista, che ha iniziato a piangere dall'entrata di Prati Fiscali e ha smesso più o meno sul lungotevere non aiuta. Il pianto preventivo è brutta cosa. Brutto presagio. Bruttissimo.

Cerco di mantenere tutte le scaramanzie, dai jeans bucati al borghetti prima di entrare, le chiacchiere prepartita con il collega, sms all'ex /compagno di stadio  per sapere come la vede. "Beneee", la risposta. Il che mi dovrebbe tranquillizzare, di solito ha sempre ragione ma oggi è così, sono ansiosa.
E poi arriva il momento di "Roma, Roma, Roma": i minuti più belli, queste "centomila voci che hai fatto innamora' " hanno sempre il loro perchè, non c'è niente da fare. E poi ancora non sai come va a finire, puoi immaginare quello che vuoi. "Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita"per scomodare Prospero e, per come mi sento oggi, La Tempesta mi sembra proprio a tema.

E allora si comincia e il fischio sancisce l'inizio di una partita in cui sapremo se siamo vigliacchi o eroi, uomini o topi, ufficiali o gentiluomini.

E vi potrei raccontare della quattrocentesima partita di De Rossi, finalmente ad alti livelli, si vede che la cura Zeman comincia a fare i suoi effetti. E vi potrei dire di Francesco Totti, immenso, un vero capitano, un faro, una guida, una luce in mezzo al campo, capace ancora di fare assist precisi al millimetro. O anche di quella sua fastidiosa fissazione dei calci d'angolo a due tocchi. Perchè quando poi i calci d'angolo li tiri da calcio d'angolo, può essere anche che prendi la testa di Burdisso, che si è fatto la sua panchina, senza polemiche, senza veleni. Che entra in campo e tiene in piedi la difesa, da vecchio esperto, da giocatore navigato, incitando alla calma quando serve e spronando i compagni ad andare avanti quando è ora. E insaccando, con sapiente maestria, il colpo dell'uno a zero. Oppure potrei parlarvi di Osvaldo, pazzo quel che basta per essere un centravanti di razza ed altrettanto matto per fomentare i tifosi dal pullman 3 ore dopo a Piazza Risorgimento. O potrei parlarvi di Piris che sta crescendo e Balzaretti che ancora ci prova. O di Marquinhos che dimostra una sicurezza al centro della difesa che a quell'età forse ho visto solo nel caro vecchio Pluto. O di Bradley, che bontà sua, deve avere due piedi sinistri ma che almeno ci prova, o di Pjanic che finalmente sta esprimendo un calcio di alta qualità. O di Goicoechea che da eterno secondo il suo posto cerca di guadagnarselo e, a ben vedere, se non ci fossero state un paio di parate sul poco a zero, staremmo parlando di un'altra partita. Ed infine, ultimo ma non ultimo, del piccolo Coco Lamela, che l'anno scorso ci ha fatto tanto penare, e che invece quest'anno ci fa tanto sognare, con una doppietta che ci ha portato in paradiso, per una sera.

Potrei parlarvi di tutto questo, di azioni, di dribbling, di pressing, di schemi, di possesso palla, del fatto che quando stai 4 a 0 ti puoi anche divertire per il solo gusto di giocare, e rifare vecchi cori che hai dimenticato e cantare "cinque a zero perchè no?". O della sofferenza finale sul 4 a 2, che, con noi, non si sa mai cosa può succedere.

Ma vi racconterei solo una parte.

Perchè arrivo a Roma-Milan dopo un paio di settimane difficili, con diverse serate di divano e kleenex all'attivo, quest'anno le feste le sto patendo più del solito.

Arrivo arrabbiata, stranita, triste.  
E questa partita la vivo non come un normale incontro di calcio ma come una cartina di tornasole.
E quando comincia, l'ansia mi attanaglia, non possiamo perdere, mi manca solo questa.
Va bene tutto ma, almeno, non la Roma.
E quando Burdisso segna, la rabbia esplode in un urlo senza fine e senti che la malinconia per un pezzo se n'è andata.
E quando segna Osvaldo, eccone un altro pezzo che va via.
La senti staccarsi, uscire dal tuo corpo, ti senti piano piano più libera.
Ed ecco Eric, tre a zero, e la rabbia la urlo contro il cielo, che come dice Liga, è sempre come un po' come sputare via il veleno. E fa sempre bene.
E di nuovo Eric, quattro a zero....la catarsi. Vera, pura. 
Finalmente leggera.
C'è chi si fa di droghe, io mi faccio di Roma.
E sì, ci sono serate e pomeriggi in cui l'effetto non è questo ma quando arriva non ha eguali.
E magari durerà due ore, quattro, una giornata ma c'è e ti fa andare avanti perchè serate così ridanno un senso a tutto.
 
Considerando che è il primo giorno dopo la fine del mondo, posso dire che non c'è male, davvero niente male. Sarebbe stato un peccato perderselo.
 
E quando alla fine canto Grazie Roma, lo dico con il cuore, con l'anima, con tutta me stessa. 
E visto che un'immagine rende più di mille parole, vi regalo un video esemplificativo di questo pazzo, matto, irrazionale sentimento (con uno speciale grazie al mio amico Stefano per aver voluto immortalare cotanta follia), fatevi due risate e....Buon Natale!





martedì, dicembre 18, 2012

La tranquillità dell'immutabile

La prima cosa che ho risposto quando mi hanno chiesto "Niente commento?" è stata...."Ma che ti vuoi commentare?", partendo anche dal presupposto che gli ultimi 30 minuti io li ho solo immaginati.

Chievo - Roma. Il match delle invarianti:
  • Un campo di patate.
  • Un meteo di schifo.
  • Un risultato improbabile.

Con queste premesse si arriva  a Verona giusto per far scorta di Pandori in vista del Santo Natale, altrimenti davvero soldi buttati.

Da dire c'è davvero poco: abbiamo stentato a creare azioni pericolose, pressing alto solo per 15 minuti, attacco poco incisivo, i piedi storti di Bradley, pochi cross dal fondo e sempre i maledettissimi calci d'angolo col doppio tocco. Non che dall'altra parte si creasse granchè, Goicoechea e Sorrentino giocavano a battaglia navale in rete e i due giudici di porta si volevano aggregare per un tresettino estemporaneo.

Insomma, una noia mortale.  

Il primo tempo.

Il secondo uguale, credo. Che poi dici che uno vi grida che c'avete solo la nebbia, ci sarà pure una ragione, che dite? 

Magari un reclamino, mia cara Sky lo farei: con tutti i soldi che date alle squadre di serie A,  un palloncino arancione per la gente che è a casa potreste anche obbligarle ad usarlo, così, un consiglio per le prossime.

Che poi forse è meglio vivere nell'ignoranza ma quando non vedi la palla avanzare e non sai dov'è il tuo portiere, un minimo di tachicardia scatta, e la noia è meno noia.

Una partita da zero a zero, senza infamia e senza lode.

Ma dove non arriva la Roma, arriva il guardalinee. Cross di Rigoni per Pellissier, in netto fuorigioco, che supera Goicoechea e insacca, tranquillo tranquillo. 

C'era nebbia, non si poteva vedere, azzardano i commentatori, non potendo sentire gli insulti che in un attimo escono dalla mia bocca da giovane educanda. E che vuol dire? Allora potevamo mandare i guardalinee a casa, senza fargli prendere tutta l'umidità, no? Siete proprio senza cuore.

In sintesi, torniamo a Roma, sconfitti, con Castan squalificato e Marquinhos azzoppato. Il modo migliore per prepararsi all'arrivo del diavolo rossonero sabato sera.

Ma è, d'altronde, la tranquillità dell'immutabile: perchè, per quanto vuoi ritenerti una squadra matura, la paura ti attanaglia. Se vinci tre partite di seguito ti viene l'ansia da prestazione, la vertigine da altezza, la paura di deludere. E subito torni alla realtà. 
Nella giornata che ti poteva portare tra le grandi, decidi che vuoi essere una qualunque, troppo lontana dal fondo per aver paura di cadere ma neanche troppo vicina alla meta per doverci provare.
E torniamo a fare quello che sappiamo fare meglio: arrivare alla fontanella senza bere mai.

Daje su, ora siamo tornati alla realtà. Non fateci rimanere qui per tanto.

POST SCRIPTUM: Di questo week end salvo davvero poco, sicuramente non la Roma, mi pare ovvio da quanto esposto in precendenza.
Ma se vi dovessi raccontare quello che porterò nel cuore di questo fine settimana, non sarebbe il fuorigioco di Pellissier ma:

  • il volto di una bambina che la vita ha provato più di quello che doveva. Il suo viso gonfio dal cortisone, la sua mano deformata dalla flebo, la sua testa tonda senza capelli. Ma soprattutto quegli occhi comunque allegri e il suo sorriso mentre toglieva parrucca ed occhiali ad un ragazzo travestito e gli diceva ridendo "ecco, così sei quasi bello". E la tenerezza che è passata in quell'attimo che si poteva quasi toccare.
  • lo sguardo di chi nella vita ha perso tutto e si aggrappa a quel che può mentre cerca di mantenere una dignità anche dormendo in stazione. Che accetta la mano che gli tendi. Il cibo che gli offri. L'aiuto che tenti di dare. La sua riconoscenza. Un grazie sincero. Ti si imprime nell'anima ed è difficile da lasciar andare.
  • Guardare chi ti accompagna in tutto questo e osservare il meraviglioso cerchio che queste persone hanno formato. Con anni di ricordi e di avventure alle spalle, un affetto consolidato e quella voglia di cambiare il mondo, o quantomeno di provarci, che portano avanti assieme e uniti. E mentre cerchi di entrare in quel cerchio, combattuta tra la gioia di farne parte e la paura di non riuscirci, capisci che se ci sono persone così, questo mondo qualche speranza di farcela ce l'ha, Maya o non Maya.


venerdì, dicembre 14, 2012

I "cattolici tranne"

Oggi, 14 Dicembre 2012, abbiamo dovuto ascoltare nuovamente esternazioni che, bontà dei giornalisti, ci vengono riportate come prima notizia per cui, volenti o nolenti, dobbiamo sentirle.

"I tentativi di rendere il matrimonio fra un uomo e una donna giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione sono un'offesa contro la verità della persona umana e una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace", ha sostenuto il Papa.

Per carità, Santità, tu fai il tuo mestiere, lungi da me volerti convincere dell'idiozia delle tue affermazioni.
La pensiamo differentemente, il che fa parte della naturale diversità del mondo.
Ma usiamo le parole per come devono essere usate, per favore, nel loro senso e nel loro significato.
Non insultare l'intelligenza delle persone.
Le unioni gay non minano la pace.
Perlomeno non minano la pace del mondo.
Probabilmente quella del tuo sonno e della tua poltrona ma non la pace nel senso etimologico del termine. 

Se vedessi quanto si amano e si rispettano molte coppie gay che conosco, capiresti che ciò che mina la pace è ben altro.
Che la loro unione giuridica porterebbe qualcosa di buono in questo mondo. Perchè due persone che si amano sono sempre una gioia, di qualunque sesso esse siano.
E' la non accettazione di ciò che è diverso da noi e la strenua necessità di affermare la supremazia di presunti valori combattendo, e non semplicemente accettando, che genera disarmonia. 

Oggi, come ieri, si chiama Crociata ed è una guerra, giusto per dare ad ogni cosa il nome vero.

E io non ho intenzione di combattere, la penso diversamente ed esercito il mio libero arbitrio nell'unico modo che ho per manifestare il mio dissenso. Non partecipando alla vita cattolica e non andando in chiesa. 

Credo sia meno ipocrita.
Perchè alla fine le chiese sono piene e il mondo va a rotoli, una qualche connessione ci deve pur essere.

Forse perchè è piena di quelli che io chiamo i "cattolici tranne".

Quelli che ti dicono:
"Sono cattolico tranne per il sesso prima del matrimonio" - mica scemi, praticamente tutti
"Sono cattolico tranne per la fecondazione assistita" - colpa di madre natura, sia chiaro
"Sono cattolico tranne per il tradimento" - poi tanto c'è il perdono, abbiamo detto per tutta la vita, no?
"Sono cattolico tranne per il divorzio (però voglio fare la comunione)" - se mi sono sposato senza pensarci mica è colpa mia, mo' per tutta la vita si faceva per dire
"Sono cattolico tranne per la convivenza" - ora che cambia, è un unione di fatto ma non è peccato peccato, è un peccatuccio
"Sono cattolico tranne per l'amniocentesi" - e mica posso avere un figlio malato, sai quanti problemi
"Sono cattolico tranne per parcheggiare al posto dei disabili" - ma lo sai quanto ci vuole per trovare parcheggio?
"Sono cattolico tranne per licenziare la gente" - c'è la crisi
"Sono cattolico tranne..... tranne...... tranne......."

E' tutto un tranne. 

A volte mi chiedo se sia la religione cattolica che abbia scelto l'Italia o l'Italia che abbia scelto la religione cattolica perchè è un connubio perfetto: faccio come mi pare tanto poi mi confesso e torno a casella zero. Un po' come evado le tasse e poi patteggiamo.  4 Ave Maria e metà dell'importo e stiamo pari.

E allora mi preoccuperei meno dell'eutanasia, dell'aborto e del matrimonio gay, ma di quanto chi frequenta la chiesa abbia capito quali siano i valori e si comportino di conseguenza. 
Perchè, se io sono cattolico, non cambia niente se ci sono leggi che mi permettono di fare qualcosa, semplicemente non ne faccio uso. 
Ma se cominciaste a cacciare dal tempio tutti quelli che non si comportano secondo i principi, il fan club ne risentirebbe, me ne rendo conto. 
Meglio accertarsi che non lo possano fare perchè è illegale. 
Mi sembra una buona strategia di sopravvivenza. 
Del vostro potere e non di una società cristiana e morale ma immagino che questo non sia rilevante.
Altrimenti non mi spiego il perchè dei funerali in chiesa a Schicchi.

Per cui continuiamo così che mi sembra la strada giusta.

 Daje, Maya, ci rimanete soltanto voi.








domenica, dicembre 09, 2012

Back to the future

Solo l'Amore, quello con la A maiuscola, mi può far salire in vespa questa sera.

E non lo farei per nessun'altra ragione.
Fanno solo 2 gradi in fondo, serve qualcosa che scaldi il cuore.
E un paio di borghetti che scaldino il corpo, ça va sans dire.

Stasera c'è la Fiorentina.

E arriva Montella. Questo non può lasciarmi del tutto indifferente.
Tutte le volte che penso a Montella, penso a quel 2001, uno degli anni migliori della mia vita se proprio dovessi fare una classifica.
E di tutta quella stagione, se penso a Montella, un ricordo in particolare mi torna alla mente: il 27 Maggio 2001. Roma-Milan. Era il giorno in cui si votava al ballottaggio tra Tajani e Veltroni e io rinunciai a 400.000 lire per il lavoro di scrutatrice per essere la sera allo stadio. Non c'era altro posto dove essere. Ieri come oggi.
E ricordo ancora quel gol di Coco (Coco, tanto per dire la gente che ci ha segnato contro) che ci gelò sul seggiolino.
E poi, ad un certo punto entrò lui....l'aeroplanino...non posso dimenticare quando lo vidi avvicinarsi all'area, mettersi la palla sul sinistro e tirare un pallonetto che con lentezza e precisione si insaccò nel sette. Ero seduta esattamente dove sono seduta ora, e ricordo quella palla che mosse la rete, che ci fece rotolare, esultare, urlare come mai prima. Soprattutto quando, poco dopo, arrivò la notizia del pareggio tra Lazio e Inter. A tutto questo penso mentre mi sto sbrinando in attesa del fischio di inizio, mentre riprendo man mano colore. Strano quanto possano essere talvolta vividi i ricordi dopo più di 10 anni.
E anche l'Olimpico non ha dimenticato, perchè mentre leggono la formazione avversaria, al nome dell'allenatore, scatta l'applauso, forse un po' tutti qui si ricordano quello stesso giorno, quelle lacrime di gioia, quel tuffo al cuore. Perchè il tifoso romanista, se sei stato onesto e leale, ti porta nel cuore per sempre. Se ci hai tradito, invece, l'odio ti travolgerà senza tregua. 

Con tutto l'affetto, però, al fischio di inizio si torna nemici sul campo, ma lo sai che ti vogliamo bene. Se magari non vinci, un po' di più.

Si comincia, tutti avanti. Tachsicoso in mezzo al campo è già inutile dopo pochi minuti.
E tanto per far vedere che ci siamo, e per far scaldare le corde vocali visto che per il resto si può far poco, si rispolvera subito un grande classico sulle toscane e sui loro figli, molto vintage ma sempre attuale. E Olivera ci dà subito ragione, con un fallo da killer sul capitano, il primo di tanti su cui molte (troppe) volte l'arbitro sorvolerà (ed essendo di Livorno, sulla quale il ragazzo della fila sotto augura uno tzunami immediato, il coro calza a pennello anche per lui).

Dopo poco più di 5 minuti, "c'è solo un capitano" crossa morbido sulla testa di qualcuno. Viviano va a farfalle e tanto strano è il gol che per urlare ci servono almeno 30 secondi in cui guardiamo guardalinee, giudice di porta e anche i raccattapalle per capire se è vero. E' vero. Tachsidis, annuncia lo speaker. Tachsidis? è l'immediata risposta di stupore di tutti. Stupore pari solo a quando nel '91 ci dissero che aveva segnato Comi contro l'Anderlecht. Oggi come allora scopriremo solo alla fine del primo tempo che il gol era di Castan, così come all'epoca era di Ciccio Desideri. Ma vivremo in una sorta di dimensione magica in cui, se segna anche Tachsidis, tutto stasera è possibile.

Oh, vinciamo.

Quante cose possono succedere in 7 minuti.

Infatti ne passano 7 e segna la Fiorentina grazie a un nostro raffinato meccanismo di fuorigioco mancato. 
Segna Roncaglia. Uno che pensi che sia al suo primo gol in serie A e invece no, è al secondo.
Il panico ci assale immediatamente. Anche se, stasera, qualcosa ci dice che tutto andrà bene. Forse non possiamo pensare che, dopo aver preso tutto questo freddo, si torni a casa sconfitti. Ma forse anche perchè il gioco che vediamo è gioco. Verticalizzazioni, pressing alto, difesa reattiva e proattiva, Piris di gran lunga in posizione, Balzaretti un po' meno.
E così passano altri cinque minuti e il capitano serve Destro che, per la prima delle ennemila volte in questa serata, non riesce ad identificare se la porta è alla sua destra, alla sua sinistra, alle sue spalle, ma fa l'intelligente scelta di ridarla al capitano che scherza Aquilani e insacca. Con una tranquillità, una serenità e una precisione che c'è da chiedersi se sia davvero così facile.

220, Capitano. So' tanti.

Pochi minuti dopo scatta la rissa, grazie al vergognoso Olivera che stende Pjanic. La Fiorentina continua ad essere un grande classico. Dei cori, del veleno, delle decisioni sbagliate tanto che esce fuori anche un cartellino per Tachsicoso che, per carità, se lo meriterebbe solo per come gioca ma, visto che il primo tempo non è ancora finito, per noi è ancora il marcatore e merita il nostro rispetto.

Il resto della prima frazione è bel gioco, è corsa, è pieno di gol nostri sbagliati: tra Destro e Bradley pare abbiano scommesso su chi ne sbaglia di più, la lotta è dura e la palla sempre alta o sul portiere.

Ma il resto della prima frazione è anche sempre e solo lui, Francesco Totti. Oggi come ieri e come l'altro ieri e il giorno prima ancora. Tiro dalla distanza, GOL. 221, Capitano, sono veramente tanti.
Eurogol per noi sugli spalti. Un grande contributo di Viviano quando lo rivedremo a casa. Ma è un gol di Totti e per noi questo vale più di tutto.

Fine primo tempo, un the caldo negli spogliatoii per loro, un altro borghetti per noi, anche se un bombardino farebbe sicuramente più effetto.
Ed è un intervallo diverso, questo giro siamo soddisfatti, un po' più sereni.

Per una volta tanto comincia il secondo tempo e possiamo respirare.
Un respiro, due respiri, quattro respiri, un minuto di respiri e poi, se possibile, ci congeliamo ancora di più.
Segna la Fiorentina. O meglio, Balzaretti ancora non ha trovato la posizione di cui sopra, e permette al El Hamdaoui di metterla comoda comoda in porta.
"El chi? Ma da dove viene?" Ci chiediamo. "Egiziano" qualcuno azzarda. Ma noi, dopo Mido, sappiamo che, se ha segnato, non può essere egiziano. Eccolo là, un altro al suo primo gol in serie A. E invece no, qui siamo al terzo. Comunque c'è da render merito a questa Fiorentina, segna un sacco di gente indistintamente a tutti, non se li tiene da parte per venirci ad affrontare.

Quindi, nel perfetto ruolo di tifosi romanisti, ci tocca soffrire. Come al solito. Ma ci siamo abitutati e devo dire che lo facciamo con stile.
La Fiorentina è una squadra, su questo non c'è dubbio. Pressing continuo sui nostri portatori di palla, ripartenze veloci, pochi tocchi e sono in area.

Bravo Montellino, bel lavoro ma oggi, sorry, siamo più squadra noi.

Se avessimo anche un attaccante perdereste almeno 5 a 2 ma abbiamo Destro che sbaglia 4 palle gol in 4 minuti. Basta guardarlo per capire che quello che il capitano fa sembrare facile in realtà non lo è per niente e non è per tutti.

E meno male che il mister decide, bontà sua, che è vero che il freddo lo dobbiamo sopportare per forza ma Tachsicoso no, si può porre fine alla nostra sofferenza. Ed entra De Rossi. Tutto l'Olimpico è in festa. Io no. De Rossi si meriterà la mia stima quando la guadagnerà sul campo. Non per rendita.
E infatti comincia subito a fare la prima donna isterica, sbagliando passaggi e tirando palloni a caso, un po' come se ce lo volesse fare per dispetto. E in neanche 4 minuti è riuscito a far irritare tutti, non solo me.

Ma oggi la Roma può giocare anche in 10, anche senza di te Danielino, e lo potrà fare in futuro se ci fai il piacere di dirci cosa farai da grande. Oggi gira tutto, gli schemi, le ripartenze, i passaggi in orizzontale e in verticale. Tutto, tranne quell'ultimo pezzo di prato verde che ci separa dalla linea di porta. Quello oggi sembra maledetto. Bradley vuole riprendere la sfida con Destro e spreca un'altra occasione. Noi abbiamo finito i modi di disperarci.

Poi segna Marquinhos, noi urliamo e pensiamo: "Daje rega', che è finita", almeno in quei 10 secondi necessari per annullare quel gol che da casa mi dicono essere regolarissimo. Copione noto, oggi ci tocca anche questo.

Mancano ancora 30 minuti e noi dobbiamo continuare a soffrire.

Ma anche qui il boemo ha pietà di noi e, visto che De Rossi non ce lo può toglier da davanti, leva Destro e il suo sinistro impreciso. 
Entra Pablo Daniel, che stasera fa molto Gabriel Omar, sarà questo stretto filo tra passato e presente.
E mentre Bradley, ormai solo nella sfida dei gol sbagliati, non trova il colpo di testa che chiuderebbe la partita, noi capiamo il concetto della relatività del tempo, con quel cronometro che dall'80mo in poi sembra non andare avanti mai. Non possiamo perdere, ci diciamo, ma nemmeno pareggiare una partita che è uno spot per il gioco del calcio.
Ma De Rossi ci tiene a farci rimpiangere che a Londra ci sia stato solo in vacanza, e riesce a perdere un pallone a centrocampo che lancia la Fiorentina sola verso l'area. 
La porta rimane inviolata, anche quando, sul successivo calcio d'angolo, Bradley salva sulla linea. Tachicardia a mille, i viola invocano il gol ma a noi sembra fuori (sì, siamo di parte ma mica ciechi).
E su, cronometro, vai avanti, possibile che 10 minuti durino così tanto?
Tanto quanto serve al Capitano per fare un tunnel da playstation e lanciare su Osvaldo a cui non pare vero di ricordarci che lui il gol ce l'ha nel DNA. Zampata e gol. Noi saltiamo in piedi, urliamo e pensiamo che stavoltà è davvero finita.
E non abbiamo paura dei 3 minuti di recupero, in cui abbiamo giusto il tempo di augurare ai tifosi viola di trovare la neve a Orte, questo giro sappiamo che questa partita ce la siamo meritata, potevamo vincere 7 a 2 e non avremmo rubato nulla. Una squadra compatta, veloce, quadrata, compiuta. 

E il triplice fischio arriva. 
Su questa serata fredda, polare, di quelle che, se avessi razionalizzato, saresti stato a casa e invece potrai dire "io c'ero".

Di quelle serate che ti fanno fare pace con tutto e tutti.

E sarà stato Montella e il ricordo di quel pallonetto.

E sarà stato Totti che sembra quello di un decennio fa.

E sarà stato Osvaldo e quella zampata da Re Leone.

E sarà stato che abbiamo visto il calcio zemaniano e che sembra di essere tornati indietro di 15 anni.

Qualunque cosa sia stata, bentornati nel futuro, signori miei.

giovedì, dicembre 06, 2012

Sono qui per l'amore

Ogni tanto gli spunti di riflessione li offrono gli amici, con le loro osservazioni, con le loro domande, con i loro inconsci giudizi e condivisibili quesiti.

Allora, alla domanda che mi è stata fatta qualche giorno fa, rispondo “No, non sono un’estremista single”, non ho deciso di essere sola, o meglio alcuni evidenti segnali mi hanno costretto a scegliere di esserlo.

E non ho intenzione di rimanerci da sola.

Ma non ho intenzione di accontentarmi.
Non ho bisogno di stare in coppia per stare in coppia, non ho bisogno di un comodo rifugio, non ho bisogno di qualcuno per sentirmi qualcosa.

Vedo troppe persone non felici per scegliere consapevolmente di essere una di loro. Che non felici non vuol dire necessariamente infelici ma comunque non fa per me. Sempre stata una da "tutto o niente", è una maledizione ma tant'è.

Io voglio volere qualcuno, non sentirne un generico bisogno.
Perché il generico bisogno porta un generico qualcuno e, sul lungo termine, non mi sembra una grande strategia.
Ed è una forma di rispetto verso me stessa ma soprattutto verso l'ipotetico altro.

E mentirei sapendo di mentine se non dicessi che qualche sera, tipo Domenica, basterebbe uno qualunque.
Perchè per una serata o due quel qualunque va anche bene. Ma non per tutte le sere. Non per tutti i giorni. Per il per sempre (o almeno per provarci) serve qualcosa di più.

La mia vita da single mi piace, non lo nego, sono riuscita negli anni a ricostruirmi i miei tempi, i miei spazi, i miei riferimenti, un mio equilibrio.
Faccio quel che mi piace, quando mi piace. Riempio il mio mondo di cose e di persone.
E so già che rinunciarvi per il semplice conforto di un abbraccio non mi basterà. Dopo un po' diventerei idrofoba come un cane rabbioso, mi conosco troppo bene.
Sarebbe l'illusione di qualcosa e, si sa, le illusioni svaniscono a meno di farsi costantemente di allucinogeni e anche qui non mi sembra un piano vincente.

Non voglio “dover” rinunciare, voglio scegliere di rinunciare, perché non sarà una rinuncia ma semplicemente un  volere qualcosa di diverso.
E c'è una formale e sostanziale differenza.
Perchè questa scelta la fai solo quando trovi la persona giusta, e quando la trovi lo sai.
Perché non penso nemmeno sia una questione di paure, di fughe, di ferite mai chiuse.
Perché quando una persona ti prende veramente,  i muri crollano, come la casa di paglia dei tre porcellini, basta un soffio.
E il lupo Ezechiele ti fa anche la pernacchia.

Semplicemente, direbbe il buon Liga, sono qui per l’amore, per le facce curiose che fa.

Per meno non mi muovo che con la benzina a 2 euro non vale la pena di fare chilometri inutili


Con tutto il sangue andato a male e poi di colpo questo andare insieme in una vita che forse basterà, questo andarsi bene qua.

lunedì, dicembre 03, 2012

Non ci sono più le mezze stagioni




E quindi c’è il Siena. Che per me è sempre un gran problema visto che a Siena c’è un gran pezzo del mio cuore. Ma non c’è spazio per i sentimenti, a chi tocca nun se 'ngrugna. 
Che poi dicono Siena, c’è la Lupa nello stemma, bisognerebbe portar rispetto. 
Ma se hai diverse presenze all’attivo al Palio nella contrada dell’Istrice, sai bene che quando si parla di Siena e di Lupa non esiste rispetto e che quella capitolina è tutt’altra cosa. Aggiungici poi i colori che hanno scelto, non può esserci davvero nessuna pietà. Per cui si azzanni la Lupa senese senza remore e scrupoli derivanti da inesistenti parentele.


Anche perché c’è un bel concentrato di romani e romanisti che ci aspetta al varco, di quelli di cui parlavo qualche post fa. Si comincia da Cosmi passando per Mezzaroma. E poi c'è l'ex D’Agostino che è in panca ma già ha la bava alla bocca…

Ma noi non ci facciamo intimorire. Noi siamo Roma, noi siamo la Roma. Abbiamo governato il mondo per quasi un millennio, ora qualche cosa l’avremo anche imparata, fosse solo per osmosi. 
Siamo gladiatori, legionari, consoli e generali. Abbiamo Zeman. Siamo pronti all’attacco.

Fino al fischio di inizio, dove appare chiaro sin da subito che qualcosa non va. 
Perché giocare all’attacco senza attaccanti comincia ad essere un filino complicato. Più che un “cuneum” sembra una “testudo”, tanto per continuare il paragone con le legioni, ma forse vogliamo sfruttare l’effetto sorpresa.

Ma avanza che torni indietro e torna indietro che non avanzi, la sorpresa ce la fa il Siena che, su un innocente tiro dalla bandierina, trova la testa di un portoghese al suo primo gol in serie A (e se valgono le stesse regole del 730,  recuperando il 19% per ogni gol donato magari ce ne restituiscono 4-5 interi a fine campionato). Segna Neto, e un po’ si impreca. Poi ti ricordi che ce l’hai al fantacalcio e dici va be’, almeno questo. Poi ti rendi conto di non averlo schierato, dannata me e le formazioni da tifosa, e imprechi, stavolta definitivamente.

Comunque su dai, sono passati solo 25 minuti, almeno questo giro non ci facciamo rimontare che di per sé è già una novità.

Ma, ormai sembra ripetitivo, di gioco se ne vede proprio poco. Tutti fermi, nessuno si smarca, si tira per tirare e si passa per passare. 

Che poi se guardi la formazione qualche indizio già c’era. E’ una squadra un po’ senza senso e risulta chiaro sin da subito che con questo centrocampo non vai lontano. Bradley e Tachtsicoso non possono giocare insieme perché due mezzi centrocampisti non ne fanno uno, neanche con le somme vettoriali. 
Il povero Florenzi corre, scalpita, ci prova ma non è una competizione di velocità sui 100 metri purtroppo, altrimenti avrebbe già vinto. 
Fasce decisamente bloccate, Balzaretti e Piris fanno a gara a chi ha l’elastico più corto. 
Il capitano, di solito molto lucido, manca di concretezza, anche un po’ indispettito, a ragione, da questo fatto che deve sempre fare tutto da solo. Compresa una punizione stellare dove il buon Pegolo (che non prende gol, pare, da mesi) si improvvisa Spiderman e si aggiunge alla lista di portieri anonimi che per un giorno diventano fenomeni, casualmente sempre contro di noi. 
Ma stai attento Pegolo, noi abbiamo la carta giusta e lo sappiamo tutti, da che mondo è mondo non è mai esistito che non segni l’ex, e sto giro l’ex ce l’abbiamo noi dalla parte giusta. E forse lo sa anche lui, lo carichiamo troppo di responsabilità, sente la pressione dei nostri pensieri, delle nostre speranze, fatto sta che la porta non la prende mai.
Si va all’intervallo con un po’ di amarezza. Di sicuro non siamo a Zemanlandia, siamo più a Mazzonelandia, Boskovlandia, Bianchilandia (Ottaviana e Carlosiana).

Ma abbiamo tutto un secondo tempo e abbiamo l’ex. Daje.

Ma anche il secondo avvio ci trova un po’ impacciati in mezzo al campo. Si stenta e lo vediamo tutti ed ora cominciamo ad avere un po’ paura di prendere anche il secondo.

15 minuti pressoché anonimi, da una parte e dall’altra, che ci danno il tempo di premere info e scoprire che il commento tecnico è di Di Livio (“te lo ricordi, Di Livio?”, “Soldatino?”, “Ma prima della Juve giocava nella Fiorentina?”, “No, mi pare dopo”) mentre il povero Tachtsicoso prova a stupirci ma la palla, che tira verso l’infinito e oltre, arriva praticamente al piazzale delle Poste.

Ma ad un certo punto Florenzi, che si è stufato di correre avanti e indietro, mette al centro un pallone che chiede solo di essere insaccato… e Destro e la statistica sono pronti all’appuntamento. 

Gol dell’ex e 1 a 1.

E finalmente la Roma si sveglia da un lungo torpore. Si comincia a vedere qualche schema, qualche passaggio azzeccato, un po’ di voglia di provarci anche se ormai, schiavi del risultato, cominciamo a pensare che un punticino in trasferta non si butta.

Anche perché, il solito brivido corre al 31mo quando uno scalpitante D’Agostino fa il suo ingresso in campo: adesso l’ex ce l’hanno pure loro e possiamo smettere di fare tanto i fichi. Anche perché, visto che si fa ammonire dopo 15 secondi, è uguale uguale al nostro in termini di idiozie da fresco sostituto. Almeno se segna e si leva la maglietta poi giocano in 10, qualcuno pensa.

E poi, la mossa che non ti aspetti. Simone Perrotta.   
Tutti a dire “ma che davvero?”: io penso che al posto di Tachtsicoso, Perrotta è anche troppo di lusso.
E siccome Perrotta a Capodanno dorme, ci mette un attimo per dimenticare che noi di lui ci siamo dimenticati, e con un preciso destro rasoterra in diagonale infila l'angolo alla destra di Pegolo  che, da che non prendeva gol da 360 minuti e spicci, ne prende due in meno di 20. 

Ma partita è finita quando arbitro fischia, diceva Boskov il cui spirito tanto aleggia su questa partita e noi lo sappiamo fin troppo bene.

E respiriamo solo quando Pjanic, nell’unica palla decente toccata in tutti i 90+2 minuti, rimette di prima sul secondo palo e Destro, di sinistro, non se lo fa dire due volte e fa marameo a Pegolo che ormai tanto l’imbattibilità è persa e non c’è due senza tre, si fa per confermare la saggezza popolare, non per cattiveria.
E per un attimo mi dimentico anche di averlo contro al fantacalcio.

Abbiamo vinto, questo giro non ci speravo proprio. Inizio a pensare che le partite alle 15 e alle 12.30 portino bene. Magari è una questione di bioritmi. Ma, indipendentemente dalla scaramanzia, negli ultimi 30 minuti alla fine ce lo siamo meritato. 

Mettiamola così: ormai lo sanno tutti, non ci sono più le mezze stagioni. 

Magari anche gli inverni zemaniani sono arrivati con mesi di anticipo che dal 1997 di cambiamenti climatici ce ne son stati tanti. 

Allora iniziamo pure a tirarci su le maniche ma, tanto per continuar di luoghi comuni,  una rondine non fa primavera e tre punti non fanno una squadra anche se fanno classifica.

Che sabato sera arriva Montella e non sarà una passeggiata.