giovedì, novembre 15, 2012

E poi ci sono Lunedì peggiori di altri


L’avevo detto che ci sono lunedì migliori di altri. Ma ci sono anche lunedì peggiori di altri. Come lo scorso.
Mi chiedono ancora oggi che è giovedì se mi sono ripresa. Direi di no. Un derby perso te lo porti addosso almeno una settimana. Poi vinci e sembra che ti passi oppure perdi e sostituisci l’arrabbiatura, se pareggi  te lo porti avanti ancora un po’. Ma in fin dei conti, non prendiamoci in giro, te lo porti dietro fino al girone di ritorno, sperando che questo giro non calino il poker che porta con sè il terrorizzante presagio di una manita che abbiamo sventolato superbi in un passato nemmeno troppo remoto (che la ubris precoce, si sa, viene punita da che Prometeo inventò il fuoco). Perché allora sarebbero davvero volatili per diabetici.
Ma un derby perso è perso. Soprattutto se con (de)merito e se non ti puoi appellare a niente, forse solo a un po’ di sfiga quando bellicapelli e il fu nuovo acquisto si scontrano nell’atletico gesto di buttarla dentro.  Un po’ come fecero Rizzitelli e Voeller nel ’91. Con la differenza che lì la palla entrò. E che stiamo parlando di Rizzitelli e Voeller, di due che giocavano a pallone ai tempi delle lire quando la parola “contratto miliardario” la pronunciava solo Paperon de’ Paperoni sulle pagine di Topolino.
Che a ben vedere, se rileggessimo le formazioni degli ultimi 20 anni, accanto ai bei giocatori, di “sleeve of pipps” ne son piene le pagine di almanacchi e gli album panini. Ce n’erano allora e ce ne sono adesso. E’ inutile che insultiamo Piris quando abbiamo visto De Marchi o pensiamo al povero Marquinhos quando abbiamo visto Benedetti. E poi Annoni, Gomez, Servidei. Voglio dire, di buste ne abbiamo prese e di buste ne prenderemo. E’ il triste destino del tifoso romanista e dei nostri sogni di gloria che rimandiamo sempre all’annata successiva quando ancora deve arrivare l’inverno. E così i derby si vincono e si perdono, talvolta si pareggiano. Però, diamine, vanno combattuti. E di voglia di vincere se n’è vista poca. Ho visto solo tanta paura di perdere. E  allora diciamo che è colpa di Zeman, che toglie l’attaccante per mettere un centrocampista per rimediare al bel gesto di colui che la fascia di capitano non la porterà mai (e non solo perché Totti sembra sempiterno ma perché non se la merita). E diciamo che è colpa di Goicochea che, invidioso della papera di Stek con la Samp, non blocca una punizione da 80 metri. E diciamo che è colpa di Piris che sbaglia la posizione (o ancora non l'ha trovata). E diciamo che è colpa dell’Acea e dell’Enel, di Giove Pluvio e del Pantheon degli Dei tutti, greci, romani ed egiziani. Ma diciamo che è pure colpa nostra, che pensavamo di vincere solo perché statisticamente era il turno nostro. Il problema è che diciamo troppo e facciamo poco.
Il punto è che, volendo, alla fine il 3 a 3 lo potevi segnare (e, per inciso, ci potevi far parlare per 6 mesi e ricambiare quel gol di Castroman che ancora grida vendetta dal 2001), se solo avessi voluto. Così come Voeller e Rizzitelli buttarono dentro quel pallone vagante che ci fece passare da eterni semifinalisti a giocarci la coppa Uefa. E se avessi voluto ci avresti provato anche un po’ prima del 90mo.
 Ma tu, Roma mia, non hai voluto.  

1 commento:

CarloMusacchio ha detto...

Sleeve of Pipps???? :-))) mi suona familiare!!